Piccoli borghi e castelli a passeggio nella Tuscia
La Tuscia è stata terra etrusca e ancora oggi la si identifica come un territorio incastonato tra i Monti Volsini e i Monti Cimini: all’interno dell’antica terra degli Etruschi, le bellezze naturalistiche sono innumerevoli e vanno dai laghi vulcanici di Vico e Bolsena alle faggete del Monte Foglioano fino alle aree come la Riserva Naturale della Saline a Tarquinia.
Scoprire la Tuscia significa svelare borghi pittoreschi e altri ormai abbandonati, villaggi sperduti e castelli dal fascino misterioso: non si dimentichi poi che la stessa Via Francigena attraversa la Tuscia all’altezza del Monte Fogliano. Ebbene è questo lo scenario che fa da contorno al Sentiero delle Fiabe che collega Celleno Antica a Roccalvecce.
Si parte da Celleno Antica
Un’escursione sul Sentiero delle Fiabe parte da Celleno Antica, un suggestivo borgo fantasma sito su un fragile sperone tufaceo a 350 mt di altezza tra la media valle del Tevere e il Lago di Bolsena. Il borgo, seppur diroccato, sprigiona tutto il suo incanto con i suoi vicoli silenti e immobili, le disabitate botteghe, gli antichi forni, le case in tufo rosso prive di intonaco e le lanterne che di sera creano un gioco di luci e ombre spesso da brividi: in particolare raggiungendo Celleno Antica a Natale si può assistere a un suggestivo Presepe Vivente.
Celleno Antica, che può essere paragonata a Civita di Bagnoregio seppure rispetto a questa completamente disabitata, è citata persino da Dionigi di Alicarnasso, secondo il quale la cittadina sarebbe stata fondata da Italo, discendente di Enotro, in onore della figlia Cilenia.
Dalla Piazza del Mercato o Torracchio, si percorre la scalinata di Via del Ponte per raggiungere la Piazza del Comune: superato un ponte in muratura si accede al Castello, vera e propria cittadella fortificata cinta da un fossato che nella storia è stato anche al centro delle lotte tra guelfi e ghibellini. Non tutti gli ambienti sono visitabili ma pare che ogni camera sia collegata all’altra da una fitta rete di cunicoli nascosti e labirintici.
Su Piazza del Comune si affacciano anche le mura della Chiesa di San Carlo e la romanica Chiesa di S.Donato risalente all’anno 1000: quest’ultima mostra un bel portale gotico-romanico realizzato con pietre basaltiche mentre all’interno, con il cielo al posto del tetto, si possono scorgere ancora resti di affreschi. Il campanile della chiesa di S.Donato svetta su Piazza del Comune nel suo stile classico e con un vecchio orologio fermo alle ore 12.
Alla volta di Sant’Angelo
Prossima tappa è il borgo di Sant’Angelo di Roccalvecce: quella che oggi è considerata una tappa imperdibile per le famiglie, fino a qualche anno fa rischiava di diventare anch’esso un paese dimenticato abitato solo da poche anime. La rinascita del borgo inizia nel 2017 e si deve a Gianluca Chiovelli, il presidente dell'”Associazione Culturale Arte e Spettacolo”: assieme a sua sorella e a suo cugino, hanno chiesto la collaborazione degli abitanti di Sant’Angelo e di artisti per dare nuova vita al paese e fondare “Il Paese delle Fiabe”, un vero e proprio museo a cielo aperto. Il borgo così ha cominciato a colorarsi di murales e oggi se ne contano decine e decine: il filo conduttore di ogni affresco parietale sono le favole che hanno allietatato i bambini di oggi e di ieri.
Il primo murales è stato Alice in Wonderland, con tanto di Regina di Cuori, Cappellaio Matto e Bianconiglio il cui orologio segna le ore 11.27, ora in cui l’opera è stata inaugurata.
Passeggiando per il borgo di Sant’Angelo si riconoscono i murales di altre fiabe famose (alcuni dei quali finanziati anche dalla stessa Civita di Bagnoregio): Cenerentola, Alì Babà e i Quaranta Ladroni, Hansel e Gretel e Peter Pan con tanto di frase dedicata all’Isola che Non C’è, Biancaneve, la Bella e la Bestia, Pinocchio, La Piccola Fiammiferaia, Artù e anche Il Piccolo Principe. La cosa curiosa è che praticamente ogni murales è stato realizzato da street artist donne e che i volti dei personaggi di fantasia ritratti ricalcano i tratti degli abitanti del paese.
Da Sant’Angelo a Roccalvecce
Dal borgo di Sant’Angelo, dove merita una visita anche lo spazio museale dedicato agli antichi mestieri e ai relativi attrezzi di lavoro, parte un sentiero CAI n.193 che, passando da Roccalvecce e Graffignano, arriva fino alla medioevale Spicciano: si tratta di 11 km che attraversano le campagne e i boschi della Valle del Tevere.
Per chi volesse raggiungere solo Roccalvecce, basta percorrere per poco più di 2 km il sentiero panoramico che da Sant’Angelo costeggia le antiche mura.
Roccalvecce è un borgo dalle origini molto antiche, che risalgono all’epoca etrusca: nei dintorni sono presenti resti di tombe risalenti al periodo tra il VIII e il VII a.C.. Roccalvecce divenne in seguito castrum romano e l’opus reticolatum presente nelle fondamenta del castello del borgo ne è una chiara dimostrazione.
Il monumento simbolo di Roccalvecce è il Castello Costaguti realizzato in pietra arenaria, in peperino, in tufo e in nenfro: le prime notizie riferibili al fortilizio risalgono al 1199 e fanno menzione di Rinaldo del Veccio, un condottiero morto nella battaglia che ci fu tra i romani e i viterbesi. Il Castello, che in alto mostra una fiabesca merlatura, si affaccia su Piazza Umberto I e la facciata presenta gli emblemi delle famiglie che si sono succedute nel dominio di Roccalvecce, ovvero i Baglioni, i Gatti e i Costaguti.
All’interno è possibile ammirare gli affreschi ottocenteschi del Piano Nobile e lo sfarzo del salone principale, decorato da stucchi e da un pregevole soffitto a cassettoni.
Imperdibile è poi una visita alla Vignaccia, il giardino di 2 ettari realizzato nel ‘700 attorno alle mura del castello: all’ingresso è presente una lunga scalinata che porta direttamente a una bella fontana del XVIII secolo, decorata con una balaustra e una colonna centrale realizzata nella ormai introvabile pietra nenfro. Il parco storico del Castello Costaguti è ricco di specie vegetali, anche esotiche, tra cui tigli e pini marittimi centenari: l’aspetto romantico del giardino si ammanta di fragranze mediterranee all’altezza della limonaia, un’antica serra utilizzata per la coltivazione di limoni.