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Calcata

29 Aprile 2020 By I Borghi Comments Off

Nel cuore dello splendido Parco Valle del Treja sorge la pittoresca cittadina di Calcata ad appena 50km da Roma e 53km da Viterbo.
Calcata non è un borgo medioevale come gli altri, ergendosi infatti su uno sperone roccioso tufo che fa apparire la città come sospesa nel vuoto, con il suo carico di storia e di oscure leggende.
Calcata, grazie alle sue caratteristiche botteghe, alle forre che la circondano e alle vicine vestigia dell’antica città perdura di Narce, è stata premiata nel 2018 con l’ambito riconoscimento della Bandiera Arancione assegnata dal Touring Club Italiano. Non stupisce poi che registi del calibro di Pier Paolo Pasolini prima e Monicelli poi l’abbiano scelta come set dei film Decameron e Amici Miei.

Calcata: “la città che muore”

La zona dove sorge oggi Calcata è stata abitata sin dall’epoca preistorica fino all’arrivo del popolo dei falisci tra il VII e il VI a.C.. Di questa antica civiltà che si espanse nella Tuscia Tiberina restano oggi le vestigia nel sito archeologico di Celle presso Civita Castellana con il Tempio di Giunone Curite, le rovine di Narce e la Necropoli di Pizzo Piede: qui si trova un rarissimo esempio di camera con corridoio, introdotta da una porta decorata in alto con una lunetta come nel sito di Cerveteri e, all’interno, un sarcofago tufaceo con coperchio.
I primi documenti a citare il borgo di Calcata risalgono al periodo tra il 772 e il 795, quando era in vigore il pontificato di Adriano I.
Fu con la famiglia Anguillara che Calcata visse il suo periodo di massimo splendore, con la costruzione del Castello e della cinta muraria che però si è sempre rivelata superflua. Calcata infatti era difesa dalla natura stessa, vista l’inaccessibile rupe dove era stata costruita e che la rendeva praticamente inespugnabile.
Nessuno infatti si interessò mai di Calcata: fu dimenticata e poi abbandonata dai suoi stessi cittadini che, a causa delle frequenti frane e crolli di parti della rupe, si trasferirono nella vicina Calcata Nuova.
Solo un cavillo puramente burocratico fermò l’abbattimento di questo borgo dimenticato, soprannominato presto “il paese che muore” alla stregua di Civita di Bagnoregio.
Calcata assunse presto un aurea misteriosa e decadente che negli anni 60 attirò molti intellettuali, hippie, artisti e artigiani che volevano staccarsi da un mondo che si stava lasciando andare troppo al consumismo e all’industrializzazione.

La Calcata misteriosa

A prima vista Calcata appare molto tenebrosa tra arcate oscure, grotte ipogee, fiori finti alle finestre, gatti erranti nel dedalo di vie lastricate e belvederi a precipizio sulla forra: gli scorci paesaggistici sono spettacolari, una vera delizia per i più romantici o per gli appassionati di fotografia. Ci sono poi le case, nella maggior parte duecentesche, a caratterizzare il borgo, ammantate in parte da licheni multicolori e con ancora qualche antico portale e, qua e la, i resti di caratteristici profferli.
I cellulari non prendono e chiunque metta piede in paese è suggestionato da molte nere leggende che lo coinvolgono: si narra infatti che qui ci sia un’ara falisca dove venivano svolti cruenti riti propiziatori e iniziatici legati a riti arcani o che addirittura dal cuore profondo della rupe dove sorge Calcata si sprigionino energie primordiali.
Si racconta poi che le stesse grotte presenti nei sotterranei di Calcata, utilizzate un tempo anche dagli etruschi come santuari e luoghi di preghiera, fossero state teatro di terrificanti cerimonie esoteriche: una leggenda tramandata da secoli racconta che nelle giornate più ventose, si possono sentire le streghe lanciare oscuri incantesimi nascosti dagli ululati dei venti.
Non stupisce che proprio Calcata, la notte di Halloween, sia teatro del Calcata Horror Fest: i vicoli, illuminati da zucche dal ghigno malefico, sono attraversati da persone in maschera che si godono l’atmosfera surreale del borgo tra concerti e sfilate a tema. Gli eventi più attesi di questa lunga notte di Ognissanti sono la premiazione della zucca più bella e lo spettacolo pirotecnico che illuminerà i tetti del borgo.

La Chiesa del SS.Nome di Gesù e la leggenda del sacro prepuzio

Nella piazza centrale di Calcata si possono osservare tre curiosi troni in tufo, realizzatati alla fine degli anni 80 da Costantino Morosin con lo scopo di richiamare l’arte tipicamente etrusca. Sulla piazza si affacciano il Castello degli Anguillara, con tanto di graziosa torre ghibellina, e la Chiesa del SS.Nome di Gesù risalente al XVI secolo, seppur restaurata nel 1793. All’interno dell’edificio religioso si possono ammirare un elegante soffitto ligneo a capriate, un’acquasantiera del XVI secolo e un bellissimo ciclo pittorico dedicato alla vita di Gesù Cristo.
Fino a poco più di quattro secoli fa, dalla chiesa partiva ogni 1 gennaio la processione solenne della SS. Circoncisione: la reliquia venerata era infatti il prepuzio di Gesù, reciso al Bambinello a Betlemme otto giorni dopo la sua nascita e conservato dalla Vergine Maria prima e dalla Maddalena poi.
Per tutto il periodo alto medioevale del prepuzio santissimo non si ebbe più traccia fino a quando Carlo Magno, secondo la leggenda, lo ricevette da un angelo. Arrivò a Roma probabilmente per mano di Carlo il Colto e poi fu rubato durante il Sacco di Roma del 1527 perpetrato dai Lanzichenecchi. Uno di questi soldati pare se ne impossessò per ordine di Carlo V e solo in punto di morte confessò di avere nascosto la reliquia a Calcata.
Il prepuzio fu rinvenuto effettivamente nel luogo indicato dal lanzichenecco ma la scatola era sigillata: secondo i racconti di tradizione cristiana solo una fanciulla da cuore puro riuscì ad aprirla, diffondendo così per tutto il borgo una fragranza celestiale.
Del santo prepuzio del Cristo oggi non vi è più traccia: scomparve nuovamente intorno agli anni 70, senza però che si sappia con precisione se si sia trattato effettivamente di un furto oppure se sia stato semplicemente nascosto in chiesa perché ritenuta una reliquia troppo imbarazzante.

I Musei di Calcata

Nella chiesa sconsacrata di San Giovanni Battista Decollato ha sede il Museo della Civiltà Contadina, gestito da Ercole Di Sora e suo figlio: l’ambiente ricorda una cantina, autentica e semplice, all’interno della quale sono conservati macchinari e vecchi utensili legati al mondo contadino dell’Agro Falisco. Colpiscono in particolare una macchina settecentesca utilizzata per impastare, il banchetto dell’arrotino, un macchinario per separare i cereali, una gramola seicentesca per la canapa e una sedia da barbiere dell’800 utilizzata all’occorrenza anche dai dentisti dell’epoca.
Le grotte e le cantine di Calcata sono state nel tempo destinate ad altri usi, in particolare a spazi museali: tra questi spiccano la Grotta Sonora, dove sono esposte particolari sculture musicali in ferro da far vibrare personalmente, e la Porta Segreta di Giancarlo Croce, spazio ipogeo articolato in più grotte tufacee scavate in epoche differenti.
Un altro museo sito appena fuori dal centro storico è poi quello di Opera Bosco, completamente immerso nella verdeggiante natura circostante. Questo alternativo spazio museale è stato ideato da Costantino Morosin e Anne Demijttenaere: il percorso si snoda in circa due ettari di bosco ed è punteggiato da opere d’arte realizzate esclusivamente da materiali naturali come legno e pietra. Il fine di questo riuscitissimo progetto è ancora oggi quello di preservare e valorizzare nello stesso tempo il territorio, in parte compreso nel Parco Regionale Valle del Treja. Si incontrano ad esempio tre pietre simili a funghi che rappresentano le diverse fasi della vita e la Stanza Naturale simile a un salottino lambito da licheni e avvolto da carpini e querce.

Il Granarone e la Sala dei 201 Tè

Non si può lasciare Calcata senza aver visitato due luoghi che hanno molta attrattiva per i visitatori. Il primo tra questi è il Granarone, antico granaio risalente al 1632 restaurato dall’olandese Marijcke Van Der Maden, abile creatrice di burattini e bambole. All’interno si può osservare un ambiente praticamente intatto nel tempo, con il pavimento in mattonelle di cotto e le travi di legno nel soffitto. Oggi il Granarone è una vivace Associazione Culturale che, la notte di Natale, ospita i fedeli che hanno partecipato alla messa nella Chiesa del SS.Nome di Gesù, rifocillandoli con l’immancabile panettone e una calda bevanda per contrastare i rigori dell’inverno.
L’altro luogo tra i più caratteristici di Calcata è la Sala dei 201 Tè: è stata una donna di Ghent, in Belgio, a ideare questo spazio assai pittoresco dove, tra teiere di ogni foggia e colore, è possibile assaggiare tè di varie specie, accompagnato magari da qualche torta o biscottino fatto sul posto artigianalmente. La sala dei 201 Tè si affaccia direttamente sulla sottostante Valle del Treja, rendendo la degustazione un’esperienza davvero indimenticabile.

I dintorni di Calcata

Tra le bellezze che circondano la rupe tufacea dove sorge Calcata, non si può non menzionare la spettacolare Cascata di Monte Gelato, formata in realtà da più cascatelle che scorrono in un piccolo lago cristallino, avvolto dalla fitta vegetazione. Nei pressi della cascata si possono scorgere anche i resti di una domus romana del I a.C. e quelli di un vecchio mulino appartenuto alla famiglia Del Drago.
Immancabile poi una visita al sito dell’antica città di Narce risalente all’anno 1000 a.C.: ciò che resta dei templi, delle strade scavate nel tufo e delle tombe, sorge sulle rive del fiume Treja. A due passi poi si staglia il Santuario di Monte li Santi, proprio alle falde dell’omonima montagna: nonostante oggi resta poco più di qualche camera, in passato doveva essere molto vasto ed era dedicato a Persefone o a Demetra e vi si celebravano con molta probabilità riti legati al culto dell’acqua o della madre.
A 15km c’è poi il pittoresco borgo di Civita Castellana, anch’esso sito su uno sperone tufaceo: simboli di questa cittadina solo in particolare il Ponte Clementino e il Forte Sangallo commissionato da Rodrigo Borgia, futuro Papa Alessandro VI.

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